Breve storia dei Poliedri - (di S. Maracchia)

Sono molti gli argomenti matematici che trascendono il semplice uso del calcolo pure assai utile per l’utilizzo del vivere comune. Questi argomenti applicano spesso il criterio della simmetria per giungere talvolta alla infinità e questo, ad esempio. nel concetto fondamentale della proporzionalità sia numerica che geometrica. Ci limiteremo a quest’ultima, alla geometria, in relazione all’analisi storica dei poliedri che coinvolge, come vedremo, anche relazioni numeriche e topologiche.

Di poliedri regolari o no, si erano interessati anche civiltà anteriore a quella greca, si pensi ad esempio alle piramidi, ma è solo in quest’ultima che sappiamo ha inizio uno studio specifico, geometrico, filosofico, religioso.

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 Ricordiamo che un poliedro è detto regolare quando le facce che lo delimitano sono poligoni regolari uguali e gli angoloidi che si formano dal convergere dei vertici dei poligoni sono convessi, tra loro uguali e tali pertanto che la somma delle ampiezze dello loro facce (ampiezza degli angoli dei poligoni ivi convergenti) sia minore di 360°. Questo permette la convergenza di tre, quattro o cinque triangoli equilateri, per cui la somma delle ampiezze sono rispettivamente 60x3; 60x4; 60x5 ottenendo Tetraedri; Ottaedri e Icosaedri. Oppure la convergenza di soli tre quadrati (3x90) ottenendo l’Esaedro o Cubo: ,e infine, la convergenza di tre pentagoni (3x108) nel Dodecaedro. I poliedri regolari sono quindi al massimo cinque e cinque sono una volta che si riesca a costruirli.

[Ricordiamo che gli iper-poliedri regolari in quarta dimensione sono 6 e in spazi maggiori solo 3]

 

Secondo Proclo (V sec. d. C.) Pitagora (circa 580-500 a. C.) avrebbe trovato la costruzione delle figure cosmiche cioè appunto dei poliedri regolari.

Secondo Suida IX-X sec. d. C.) sarebbe stato il matematico Teeteto (415-369 a. C.) a costruire i poliedri regolari, tenuto conto che essi sono soltanto cinque.

Secondo uno scolio al XIII libro di Euclide i Pitagorici avrebbero costruito Tetraedro, Esaedro e Dodecaedro e Teeteto avrebbero costruiti gli altri due (Ottaedro e Icosaedro).

Secondo Giamblico (circa 245-325 d. C.) il pitagorico Ippaso di Metaponto (V secolo) avrebbe divulgato l’inscrizione del dodecaedro nella sfera.

Secondo il pitagorico Filolao i quattro poliedri: Esaedro, Tetraedro, Ottaedro e Icosaedro formano in ordine le quattro radici di Empedocle: Terra, Fuoco, Aria e Acqua che a loro volta determina la varietà della materia che ci circonda assegnando al quinto poliedro, il dodecaedro l’etere che ci circonda oppure la sfera dell’universo. Riguardo al dodecaedro osserviamo un quadro  di Salvador Dalì  nel quale  il pittore ne mostra la capacità di presiedere ad avvenimenti eccezionali.

PLATONE (428 / 427 -  348 o 347 a. C.).

Ebbene, tutte quelle assegnazioni, vere o presunte e specialmente la corrispondenza di Filolao, si concentrano nel dialogo “Timeo” di Platone. Egli, anzi, dai poliedri-cellule costituenti le radici del nostro universo, scende, per dir così, agli atomi individuati nei triangoli che compongono le varie facce: sei nel caso di faccia triangolare del tipo  (30, 60, 90); quattro nel caso di faccia quadrata (45, 45, 90)

1222 Fig 3

Platone si serve di tali atomi per dare inizio al primo tentativo chimico di esprimere relazioni tra le quattro radici

   Nel Tetraedro triangoli 4x6 = 24

   Nell’Ottaedro 8x6 = 48

   Nell’Icosaedro  20x6 = 120

   Nell’esaedro  6x4 = 24

   Non sono suddivisi i pentagoni del dodecaedro forse considerandolo un elemento indivisibile di altra specie.     

   120 = 24 + 2x48

   L’acqua quando viene dissolta dal fuoco dall’aria, fa luogo nel ricomporsi ad una particella di fuoco e a due di aria

Nelle varie relazioni scritte notiamo che non compare la terra come elemento scindibile, considerazione che verrà criticata da Aristotele che pur non segue la “chimica” del maestro. Ci si può chiedere cosa contenessero all’interno i poliedri; le opinioni sono contrastanti: l’esistenza di un substrato ancora più semplice delle quattro radici, oppure una emanazione di esse. Lo stesso Platone è incerto ed è stato osservato che le varie ipotesi “hanno trovato autorevoli sostenitori”. Notiamo infine che Platone considera anche due altri poliedri semiregolari (uno solo però geometricamente costruibile) considerazione che forse avrebbe spinto Archimede alle sue elencazioni cui accenneremo in seguito. Si suole sintetizzare le analisi di Platone con il seguente schema nel quale è però coinvolta questa volta anche la “terra”.

1222 Fig 4

ARISTOTELE (384 – 322 a. C.)

Anche Aristotele prende in considerazione le quattro radici di Empedocle stabilendo tra esse combinazioni legate alle reciproche velocità e condizioni dando inizio in tal modo ad una rudimentale “Fisica”.

Per quanto riguarda la connessione delle radici con i poliedri regolari, Aristotele è molto critico sia perché se il punto è senza peso, osserva, altrettanto lo sarà il poliedro da esso formato in contrasto in tal modo con la connessione di elementi pesanti (fuoco, terra, aria, acqua) e sia perché suddividendo ad esempio il fuoco, mentre si ha sempre fuoco (due fuochi ad esempio) il tetraedro che dovrebbe corrispondergli non è possibile suddividerlo in due tetraedri ecc. così come, aggiunge quasi ridendo, non si può suddividere un coltello in coltelli o una sega in seghe.

Sorgono inoltre problemi di tassellazione poiché se i corpi fossero corrispondenti a poliedri, questi dovrebbero riempire lo spazio, ma questo, osserva Aristotele, è possibile solo con i cubi o con la piramide (celebre errore di Aristotele !).

Anche considerando come fa Platone, le sole facce, si va in contrasto con la matematica anche per il motivo di escludere il cubo (terra) dalle mutue trasformazioni: «non è per figure –conclude- che gli elementi si distinguono».

EUCLIDE (acme 300 a. C.)

Con Euclide, al termine delle polemiche e degli interrogativi nati, lo studio dei poliedri diventa esclusivamente matematico. Probabilmente si tratta  di una esposizione sistematica di precedenti risultati.

Euclide nell’ultimo libro (XIII) dei suoi Elementi costruisce i cinque poliedri regolari (per il dodecaedro ha bisogno di riprendere l’argomento della “sezione aurea”) e nell’ultima proposizione (18a) inscrive i cinque poliedri in una stessa sfera confrontandoli tra loro. Questo il testo di tale proposizione: «Trovare gli spigoli delle cinque figure e paragonarli tra loro».

1222 Fig 5

Anche i cosiddetti libri XIV e XV in un primo tempo attribuiti ad Euclide ma probabilmente attribuibili ad Ipsicle (3°-2° sec. a. C.) e a Damascio (4° sec. d. C.), trattano i poliedri. Ad esempio:

XIV) …Il rapporto tra le superfici del dodecaedro e dell’icosaedro inscritti in una stessa sfera, è uguale al rapporto dei rispettivi volumi[1], rapporto uguale anche  a quello tra spigoli del cubo e dell’icosaedro inscritti in una  stessa sfera.

XV) Vengono trattate le mutue inscrizioni tra poliedri regolari (ad esempio, l’ottaedro inscritto in un esaedro).

ARCHIMEDE (287 – 212 a. C.)

A detta di Pappo, Archimede studiò 13 poliedri semi-regolari delimitati da poligoni regolari diversi ma disposti in modo che gli angoloidi risultino uguali e stabilendo anche alcune formule che legano vertici, facce e spigoli.

1222___Fig_6.pngConsideriamo ad esempio il Cubottaedro[2] costituito da 8 triangoli (poligono LA = 3  presenti nel numero di FA = 8) e 6 quadrati (LB = 4; FB = 6) a due a due concorrenti in ogni angoloide  (VA = VB = 2) per complessive 14 facce; 12 vertici; 24 spigoli[3]  secondo la formula

F = FA +FB = 14

V = (LA·FA + LB·FB) / (VA +VB) = 12

S =  (LA·FA + LB·FB) / 2  = 24

 

Molti storici si sono chiesti se Archimede, uno dei grandi matematici di ogni tempo, studiando i poliedri regolari o no, non sia giunto a quella formula, nota come formula di Eulero valida per ogni tipo di poliedro, di estrema semplicità:

F + V = S + 2

Ma la domanda è rimasta senza risposta e talvolta le cose semplici risultano tali solo dopo essere state raggiunte.

ERONE (1° sec. d. C.)

Anche Erone si è occupato dei poliedri affrontandoli con uno spirito diverso, anzi antico se si pensa che in altre circostanze, ad esempio nella misura dei poligoni regolari, egli  mostra di conoscere la matematica babilonese volta appunto a misure di carattere pratico.

Erone, infatti, distaccandosi dalla esposizione di Euclide che non dà alcuna formula per il calcolo delle aree o di volumi, calcola il volume dei vari poliedri ma anche di figure prive di simmetria e regolarità, ricorrendo anche ad approssimazioni grossolane di radici quadrate.

LEONARDO PISANO (1170 – 1225 circa)

Nel capitolo 6° della Practica Geometriae vi è il paragrafo “In dimensione corporum” nel quale Leonardo Pisano ottiene varie relazioni tra  i poliedri regolari (ad es. Cubo = 3 Tetraedri se inscritti nella stessa sfera) ottenendo 9 relazioni dalle quali, osserva, nota la grandezza di un poliedro è possibile determinare gli altri coinvolgendo anche sfera (SF)) e cilindro (CI) ad essa  circoscritta:

Es.  CU : CI = 14 / 11  (anche il cubo CU evidentemente circoscritto);

e, nel caso di un ottaedro (OT) inscritto:

SF : OT = 22 / 7.

Come aveva già asserito all’inizio del Liber Abaci, Leonardo si serve anche dei numeri per le sue dimostrazioni, mostrando in questo un’apertura che venne successivamente disattesa ma ripresa mediante la cosiddetta “Geometria Analitica”.

PIERO DELLA FRANCESCA (1420/22 – 1492)

Pietro Della Francesca fu definito «maestro raro nelle difficoltà dei corpi regolari » da Giorgio Vasari colpito dalla loro simmetria e bellezza ottenute dal pittore.

Piero Della Francesca risolve 56  esercizi  relativi ai poliedri regolari citando Euclide tra cui, ad esempio sull’ottaedro: dato il diametro [della sfera circoscritta] trovare lo spigolo e viceversa; dato il volume trovare il diametro e viceversa.

Così scrive De quinque corporibus regolaribus prima opera completamente dedicata ai poliedri regolari nella quale “per numeri, per radici, per binomi”, dimostra le misure dei poliedri, le loro relazioni se inscritti in una stessa sfera e le misure anche di corpi irregolari.

LUCA PACIOLI  (1445 – 1517)

Luca Pacioli, prima di affrontare in modo particolare il soggetto dei poliedri regolari nella Divina Proportione (sezione aurea), aveva già trattato l’argomento nella seconda parte della sua Summa dedicata alla geometria seguendo «per la maggior parte Leonardo Pisano». Questa opera è la prima antologia matematica di buon rilievo uscita a stampa il che consentì una sua larga diffusione.

I disegni dei poliedri regolari che Luca Pacioli considera nella Divina Proportione sono disegnati dal suo amico Leonardo da Vinci[4] ma l’argomento non presenta novità matematiche, però il suo interesse per l’argomento, oltre alla riproduzione di lavori non suoi, viene testimoniato da un quadro del suo contemporaneo Jacopo de’ Barbari nel quale si può vedere un rombicottaedro in alto e un dodecaedro regola sul piano.

L’interesse di Luca Pacioli è testimoniato anche dalla circostanza che egli costruì tre serie di poligoni: sessanta copie, scrive, tagliando opportunamente o costruendo sulle facce dei poliedri (figure “abscisse o elevate”). Una di queste serie fu posta, sembra, nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli.

1222 Fig 7

IN ITALIA DOPO PACIOLI

Dopo Luca Pacioli, anche a testimonianza della diffusione delle sue opere (senza dimenticare la conoscenza degli Elementi di Euclide e delle opere dei filosofi greci) furono molti ad occuparsi dei poliedri: Leonardo da Vinci, Raffaello, Cardano, Tartaglia (questi sfidò Cardano al calcolo di un poliedro semiregolare), Maurolico (quest’ultimo con nuove svariate e analitiche proposizioni), Bombelli il quale, nel capitolo 2° del libro V della sua Algebra, tratta  i “Poliedri regolari e irregolari” e, dopo le costruzioni dei cinque poliedri regolari, osserva: «Delli soprascritti cinque corpi ne nascono infiniti de lati uguali, et d’angoli solidi pari, ma non di superficij simile perché come si è detto quelli che hanno le superficii simile non possono essere se non cinque». Così Bombelli costruisce due poliedri semiregolari ignorando probabilmente lo scritto di Pappo relativo ai poliedri semiregolari trattati da Archimede.

KEPLERO (1571 – 1630)

Con Keplero, definito dallo storico Gino Loria “un superstite della scuola pitagorica”, i poliedri regolari ritornano ad avere un contatto con l’astronomia e con la creazione del mondo che ci circonda Egli stabilisce infatti una stretta corrispondenza tra questi poliedri e le orbite dei pianeti.

Osserviamo quanto Keplero afferma nel Prodromus (1596) [considerazioni che verranno poi riprese ma ridimensionate nell’ Harmonices mundi (1619)]:

«Considerato l’orbita terrestre come prima misura, circoscriveteci il dodecaedro regolare, descrivete un cerchio attorno a tale dodecaedro, e avrete l’orbita di Marte, circoscrivete a questa il tetraedro, il cerchio che racchiude quest’ultimo sarà l’orbita di Giove; a questa circoscrivete il cubo e attorno al cubo tracciate un altro cerchio  circoscritto: avrete l’orbita di Saturno»

Analogamente per i pianeti inferiori Venere e Mercurio:

«Inscrive l’icosaedro nell’orbita terrestre, esso conterrà esattamente l’orbita di Venere; nell’orbita di Venere iscrivete l’ottaedro esso conterrà esattamente la traiettoria descritta da Mercurio»

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Successivamente, come accennato, Keplero, continuando le osservazioni e le misurazioni, ricorrendo anche agli accurati calcoli numerici del suo amico Tycho Brahe, passa ad un “avvicinamento non del tutto uguale” qual era quello manifestato.

Inoltre, secondo Keplero, vi è nelle velocità dei pianeti un accostamento all’armonia musicale [quell’armonia che solo Pitagora era in grado di ascoltare?] che lo avvicina ancora di più al pitagorismo.

ADRIANO GRAZIOTTI (1912- 2000)

Con Adriano Graziotti i poliedri subiscono un altro salto di qualità per l’analisi matematica seguita per la loro determinazione, per la presentazione grafica della loro formazione e per la costruzione effettivamente eseguita di ben 120 poliedri in legno di balza conservati ora dal Comune di Roma.

Adriano Graziotti rappresenta una sintesi di tutte le determinazioni che abbiamo visto nei precedenti paragrafi: determinazioni matematiche, filosofiche, misteriche quasi, ma soprattutto presentazione di una bellezza coinvolgente.

Rimandiamo per una analisi dei suoi lavori che spaziano in disegni, sculture costruzioni di sapore rinascimentale alle sue numerose pubblicazioni. Graziotti appare così un allievo di Leonardo da Vinci e di Michelangelo, oltre che ai suoi scritti e naturalmente alle sue opere, rimandiamo al volume uscito postumo: Adriano Graziotti, Polyhedra- Harmonices Mundi, edito da Simmetria, Roma.

Mi si perdoni se termino con un omaggio con alcuni versi quale manifestazione di affetto per un’artista che mi ha onorato della sua amicizia.

 

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POTRAI VEDER LE MAGICHE FIGURE

OSSERVANDO LE OPRE DEL GRAZIOTTI

LAVORI ECCEZIONALI SUI POLIEDRI:

IN LEGNO SON DI BALZA COSTRUITI

ESPOSTI PRIMA CON DISEGNI RARI.

DI TAL FIGURE S’E’ OCCUPATO IL MONDO

RISALGONO AD ANNI CINQUEMILA, MA

ORA GRAZIOTTI N’E’ L’ESTREMO VATE.

 

 

 

Silvio Maracchia

 

[1] Ricordiamo la proprietà simile di Archimede:  il rapporta tra la superfice di una sfera e quella totale del cilindro circoscritto ad essa è uguale al rapporto dei rispettivi volumi, rapporto uguale a 2/3. Fu questa  proprietà che Archimede volle fosse ricordata sulla sua tomba.

[2] Questo nome e gli altri assegnati ai poliedri archimedei si devono a Keplero.

[3] I disegni  del cubottaedro sono di Adriano Graziotti.

[4] Questi disegni sono piuttosto inespressivi tanto che molti, tra cui Adriano Graziotti, non li considerano opera di Leonardo ma piuttosto una loro copia.

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