Editoriale 048 Decoro urbano, questo sconosciuto - di Ettore Maria Mazzola

Questo editoriale è dedicato alla polemica sorta in merito alla proposta di rimozione e vendita dei sanpietrini romani

Il 19 dicembre 2012, a Villa Altieri di Roma s'inaugurava una mostra della pittrice Solveig Cogliani intitolata Sanpietrini e tetti, il cui scopo era quello di testimoniare il fatto che, al pari dei tetti, anche i serci sono parte della tradizione, della storia e della cultura di Roma.

Due pitture “romane” di Solveig Cogliani

È probabile che, data la qualità delle "pitture" dell’artista, la cosa possa esser stata fraintesa da parte dell’attuale amministrazione del Comune di Roma. È infatti probabile che, piuttosto che far riflettere sulla necessità di proteggere e valorizzare uno degli elementi più caratteristici della tradizione romana, le "croste" dell’artista siano state viste come un’esigenza di asfaltare, rigorosamente a chiazze, le pavimentazioni romane. In questi giorni, infatti, sta divampando la polemica sull’assurda proposta del Comune di Roma, in particolare dell’assessore ai LL.PP. Maurizio Pucci, di "fare cassa" mettendo in vendita i sanpietrini romani. Le sue affermazioni sono di un’ignoranza disarmante:
"I sanpietrini hanno un mercato fiorente, sia italiano sia internazionale. Li daremo alle imprese, sono un valore"
"L
o storico sampietrino, con tanto di targa e certificato di garanzia, è già presente in numerosi scaffali di alcuni negozi della Capitale e non solo. Con qualche decina di euro è possibile portarsi a casa un originale cubo in selce venduto come oggetto di design in versioni differenti, dalla lampada al salvadanaio. Il tutto con l’autorizzazione di Roma Capitale".
"La sutura tra un sanpietrino e l'altro produce polvere che crea inquinamento e danneggia i monumenti"

Sorvolando sull’ignoranza della prima e della seconda affermazione, figlie della cultura del consumismo "usa e getta" e del feticismo, la terza lascia ... impietriti: affermare che i materiali naturali e le tecniche tradizionali sono veicolo d’inquinamento è una vergognosa menzogna sulla quale tornerò in seguito.
Geloso dell’(in)successo del suo assessore, anche il sindaco Marino ha sentito l’esigenza di dire la sua, fornendo notizie errate, se non addirittura manipolate come nella seguente affermazione:
"Vogliamo mettere catrame moderno, innovativo, miscelato col pulviscolo di pneumatici usati, per avere maggiore aderenza, maggiore sicurezza per moto e motorini e una diminuzione significativa dell’inquinamento acustico".
A Pucci – il quale afferma che “la sutura tra un sanpietrino e l'altro produce polvere che crea inquinamento, danneggia i monumenti” – bisognerebbe chiedere una dimostrazione scientifica delle sue inqualificabili affermazioni. Soprattutto bisognerebbe chiedergli le prove scientifiche di quanto afferamto, mettendo a confronto i “suoi” dati sul presunto inquinamento prodotto dai sanpietrini con quelli che deriverebbero dalla proposta di Marino di utilizzare “catrame moderno, innovativo, miscelato con il pulviscolo di pneumatici usati”.
Per quanto è dato sapere, i blocchetti di leucitite o di basalto non sono soggetti ad abrasione, mentre l’asfalto lo è eccome! Inoltre, mentre i sanpietrini e la sabbia sono materiali naturali e non tossici, l’asfalto, il bitume, il catrame e il “pulviscolo di pneumatici usati” – sbandierato da Marino & Co. – risultano altamente cancerogeni e mutageni. Gli effetti negativi sulla salute provocati dai fumi di asfalto infatti, come ricorda la “campagna informativa per la prevenzione dei tumori nei luoghi di lavoro” promossa dall’ISPESL, sembrano per lo più legati alla “presenza degli IPA e alle loro note proprietà mutagene e cancerogene; in particolare, gli analoghi solforati degli IPA potrebbero essere i composti maggiormente genotossici nei fumi di asfalto”.
A questo rischio cancerogeno andrebbe poi ad aggiungersi quello dell’asbestosi derivante dall’eventuale utilizzo del “pulviscolo di pneumatici usati” proposto da Marino. Infatti, nelle mescole degli pneumatici (almeno in passato) si è sempre usato l’amianto, tant’è che a febbraio 2012 una nota casa produttrice venne processata in quel di Torino. Ebbene, considerato ciò che accade con le ecomafie e gli speculatori dell’edilizia, non v’è alcuna garanzia che gli pneumatici da cui verrebbe prodotto quel “pulviscolo”, tanto amato da Marino, risultino esenti da tracce di asbesto e, comunque, le gomme utilizzate per gli pneumatici sono ugualmente altamente tossiche, sebbene per interessi delle multinazionali i dati vengano nascosti alla comunità.

Inoltri, i signori in Campidoglio dovrebbero sapere che, mentre un pavimento naturale risulta salutare al sottosuolo, e conseguentemente all’ambiente, l’asfalto, il catrame e il bitume, non lo sono affatto; una delle ragioni del cambiamento climatico è anche l’eccessiva "pavimentazione" della crosta terrestre (cfr. https://www2.ucar.edu/atmosnews/news/4701/paved-surfaces-can-foster-build-polluted-air) per cui dovremmo cercare di rendere quanto più permeabili possibili le nostre città, già iper-cementificate, piuttosto che continuare a devastare l’ambiente.
A chi denunci la poca resistenza delle strade romane vorrei ricordare che, se ci sono cedimenti del manto stradale, essi non sono attribuibili solo al traffico di superficie ma, spesso, al cedimento delle antiche condotte fognarie le quali, oltre a non venir mai controllate e manutenute da parte del Comune – se non quando si verificano grandi problemi – spesso risultano oggetto di danneggiamento da parte di chi interviene sulle reti elettriche, telefoniche e del gas, che opera senza tener conto della fragilità delle condotte “a cappuccina”, che caratterizzano gran parte delle fogne “storiche”, così come delle radici degli alberi.

Anni fa, a seguito del cedimento in più punti di via Monterone, con una perizia suggerii che il danno era stato provocato dal cedimento della condotta fognaria. Dopo molti tentennamenti e minacce di art. 700, visto che il dilavamento stava mettendo a serio rischio le fondamenta degli edifici, il Comune intervenne e dovette riconoscere che, in effetti, il problema derivava proprio dal cedimento della condotta fognaria. In quell’occasione ebbi modo di apprendere che nel territorio romano esistono numerosissime vecchie condotte "a cappuccina" che, sebbene ancora funzionanti (anche se piene di falle), non risultando mappate presso gli uffici competenti, vengono totalmente ignorate da chi le dovrebbe gestire.

A questo punto si potrebbe fare qualche riflessione ad alta voce.
Roma è stata il set cinematografico del film La Grande Bellezza, premiato con l’Oscar; un film con una fotografia splendida (a mio avviso molto meglio del film in sé) che ritraeva Roma più bella di quanto non lo sia nella realtà. Quella fotografia, infatti, si è guardata molto bene dal ritrarre Roma per quello che è divenuta “grazie” a decenni di disinteresse per il bene e il bello condiviso.
Roma è la città che, a livello planetario, possiede la più alta concentrazione di beni considerati patrimonio dell’umanità, tuttavia, forse a causa di questa abbondanza, è anche la città dove quel patrimonio risulta svilito dallo squallore del suo contorno, piuttosto che incorniciato opportunamente! Infatti, specialmente negli ultimi 20 anni, è stata amministrata da incapaci che hanno dato tutto per scontato, incluso l’interesse dei turisti e il grado di soddisfazione dei cittadini e il rispetto di questi ultimi per la cosa pubblica. Nessuno degli ultimi amministratori infatti si è posto il problema di come valorizzare realmente la città, i suoi monumenti e le sue tradizioni. Personaggi radical-chic come Rutelli, Veltroni e Marino, o squallidi individui come Alemanno, hanno preferito concentrarsi sull'inutile, ignorante e deleteria modernizzazione di Roma, piuttosto che sulla valorizzazione dei suoi beni; costoro hanno preferito concentrarsi sulle privatizzazioni di beni e servizi, piuttosto che sulle municipalizzazioni e sul supporto tra economia e artigianato locali. In questa loro ignorantissima corsa al "moderno" non si sono accorti che la Roma che interessa ai turisti è quella che loro stessi stavano distruggendo.
Ecco quindi che Roma, oltre a chiese e musei, si è trovata a ospitare anche le strade e i marciapiedi più schifosi del pianeta: un orrendo manto di asfalto pieno di rattoppi ricorda ad ogni passo i costosi quanto inutili interventi di manutenzione. Per contro nessun'altra città, soprattutto all’estero, mostra un abominio simile! Anche nelle periferie delle grandi città i marciapiedi vengono lastricati e/o mattonati, mentre le strade risultano spesso pavimentate con lastre di pietra di vario genere; ne consegue che, nonostante la penuria di beni patrimonio dell’umanità, passeggiare su quelle strade risulta più piacevole e sicuro (per scarpe e caviglie) che passeggiare per le strade di Roma.

Questo rattrista, perché
 sin dai inizi del secolo scorso era stato dimostrato come l’estetica svolga un ruolo educativo a livello comportamentale degli individuiNel 1918 infatti, dopo che grazie all’opera del Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio e alla conseguente realizzazione degli edifici di Magni e Pirani, erano cessate le violenze dei residenti verso gli edifici ed era drasticamente cambiata la qualità della vita nel quartiere, il Presidente dell’Istituto Romano Case Popolari, Malgadi, nel testo “Il nuovo gruppo di case al Testaccio” aveva affermato:

"Parlare d'arte in tema di case popolari può sembrare esagerato; ma non si può negare l’utilità di cercare nella decorazione della casa popolare, sia pure con la semplicità imposta dalla ragione economica, il raggiungimento di un qualche effetto che la faccia apparire, anche agli occhi del modesto operaio, qualcosa di diverso dalla vecchia e opprimente casa che egli abitava […] Una casa popolare che, insieme a una buona distribuzione degli appartamenti unisca un bell'aspetto esteriore, è preferita a un’altra […]e dove questo vi è si nota una maggior cura da parte degli inquilini nella buona tenuta del loro alloggio e in tutto ciò che è comune con gli alloggi del medesimo quartiere […] Una casa che piace si tiene con maggiore riguardo, ciò vuol dire che esercita anche una funzione educativa in chi la abita".

All’indomani di quel successo lo slogan dell’Istituto per le Case Popolari divenne "la casa sana ed educatrice"!

Perché non accorgersi allora che la stessa cosa vale per gli spazi comuni della città? Com'è possibile che l’amministrazione Marino promuova – con argomentazioni indegne – delle orrende pavimentazioni realizzate con materiali cancerogeni, piuttosto che proporre superfici esteticamente rispettose dei cittadini e dei monumenti che riuscirebbero perfino a stimolare il senso del rispetto della cosa pubblica in quei cittadini ignoranti che lasciano per terra i prodotti dei loro cani?
Un pavimento d’asfalto davanti a un monumento e/o un bel palazzo è come una cornice di neon intorno alla Gioconda, ma questa metafora possa risultare pericolosa se colta degli ignorantissimi politici radical-chic sostenitori delle “contaminazioni” artistiche piuttosto che della tutela dei propri beni!

“Selciarolo” all’opera

Un’ultima menzione va fatta relativamente al grido d’allarme dei "selciaroli", gli storici posatori di sanpietrini. Questi artigiani, ormai in via di estinzione, hanno lanciato una petizione per chiedere al Campidoglio l’apertura di un tavolo di discussione delle "problematiche e soluzioni legate alla pietra il cui nome viene fatto risalire al Cinquecento, quando venne utilizzata per la prima volta per la pavimentazione di piazza San Pietro". Secondo la Presidentessa dell’associazione, Ilaria Giacobbi, "invece di rimuovere i sampietrini bisognerebbe valorizzare il lavoro del posatore, che ormai sta scomparendo ed è un patrimonio indiscutibile della Capitale dal punto di vista artistico e archeologico".

Ettore Maria Mazzola

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