Editoriale 053 Il Mercatino delle anime

Questa mattina ho incrociato un manifesto che recitava: "L’Aids alza la testa? E noi alziamo il volume!"
Il senso era evidente: portando al massimo i decibel di un mega raduno musicale ipersponsorizzato da tutti i "buonissimi" del comune di Roma, l’Aids si sarebbe messo una gran paura e probabilmente si sarebbe suicidato.
Sono molto contento che, in questo modo, si siano trovate delle nuove cure, anche se un po’ fragorose, per una malattia così brutta. Se realmente funzionano, si potrebbero fare concerti per debellare la tosse convulsa, il raffreddore, l’orticaria e anche la forfora...
Soprattutto sono certissimo che i soldi del megaconcerto andranno tutti a finanziare ricerche specifiche sull’Aids, e che non ci sarà alcuna cooperativa sociale fantomatica che ne volatilizzerà buona parte in giochi di scatole cinesi, in aiuti alle zie di qualche sottosegretario bisognoso, e soprattutto in stipendi a presidenti e cooperatori, leggermente politicizzati. Bene: ho cieca fiducia nelle istituzioni e quindi non mi preoccupo.

Quindi non sto scrivendo per stigmatizzare questo ormai consolidato andazzo concertaiolo, dove l’emozionalità di massa ondeggia come accendini accesi nel buio, ma solo per mettere in evidenza il messaggio strisciante, sotteso dal "volume" del manifesto in questione, che costituisce un abilissimo salto di qualità verso un ulteriore (qualora fosse ancora possibile) appiattimento delle coscienze.
- Il primo livello di lettura del messaggio rappresenta il substrato emozionale, alla portata di tutti: tanto casino, tante feste, e tante notti bianche = tanta salute.
- A questo segue un concetto liberatorio più intrigante: l’Aids si combatte stando tutti insieme, con l’aiuto dei cantautori e delle "band", che, anche se si fanno qualche pera non importa, perché hanno nel cuore un salvifico e sofferto messaggio sociale.
- A questo segue la proposta ironica ma aggressiva: mettiamo dei decibel rock, invece delle bombe, nei nostri altoparlanti, e all’Aids gli facciamo un culo così.
- E a questo segue infine la proposta di mercato: comprate tanti biglietti e venite al concerto, così vi scaricate la coscienza e alle cure per l’Aids ci pensa sicuramente qualche guru della medicina di frontiera, magari in Afganistan.

Siamo ormai un unico immenso mercato, che ha ragginto dimensioni mai viste nella storia dell’umanità. E non c’è più nulla che non sia mercato. Tutta la nostra esistenza è mercato; le nostre case, i nostri telefoni, i nostri orologi, sono tutti sportelli di negozi, di banche, di mercanti, di politici, di imbonitori che aggrediscono ogni istante della nostra vita. Non ce ne rendiamo più conto, ma non c’è giorno in cui qualcuno non tenti di venderci qualcosa: e non basta spegnere il televisore. Il messaggio dedicato a questa "promozione continua", coinvolgendo tutto il pianeta, diventa sempre più urlato, più aggressivo e più feroce e si basa su tecniche sempre più subdole..
Il dolorem per esempio, che frutta moltissimo: una bella immagine di un bambino straziato, sanguinante e denutrito fa soldi, alimenta centinaia d'istituzioni "umanitarie" dove lavorano personaggi particolari e anche, ci auguriamo, qualche persona onesta.
Però le persone oneste di solito non urlano, non fanno utopromozione televisiva, e neanche partite benefiche, concerti,  etc.; lavorano in silenzio e quello che hanno fatto lo si scopre, qualche volta, solo quando non ci sono più.

Ma ovviamente, anche nella televendita del dolore c’è "concorrenza". Allora l’immagine del bambino, del disadattato, del barbone, dev'essere sempre più terribile di quella delle altre pubblicità, delle altre raccolte fondi, e nel contempo più accattivante, e, quando non basta più, perché la gente, soprattutto in prossimità del Natale si abitua a tutto, si aumenta il volume, si urla lo strazio con la stessa tecnica dell'arrotino che sbraita "Signore! è arrivato l’arrotino!" e si aggiungono panettoni, famiglia sorridente, Coca Cola (sempre), e stereotipi dolciastri. Così ognuno di noi, anche se inconsapevolmente, diventa mercante e mercato e, quando non ha più nulla sul banco, vende pezzi di sé, magari pensando d’essere indenne, puro, coerente e intoccabile.

Ma così non è. Vendiamo il nostro tempo producendo e promuovendo futilità, alimentando un enorme apparato in cui l’ideale è il telefonino, che chiama tutto il mondo con un solo numero, fa le foto, il caffè e in caso di bisogno diventa anche un monopattino... Come siamo uniti, come siamo connessi, come siamo integrati e come siamo buoni in groppa all’elefante da cui possiamo mandare milioni di messaggini! Che bello! invece di fare una sola cosa inutile per volta ne possiamo fare milioni tutte insieme: e non ci accorgiamo di morire. Non c’è più contraddizione in questo iper-mercato, perché anche la contraddizione più evidente può essere comprata e venduta, come la contestazione e la protesta di ogni tipo. Il grande Golem compra, vende e digerisce tutto.
Si passa dalla proposta di vendita alle "minacce", ai ricatti, all'esposizione di orrori, alla seduzione. Ecco, quest’ultimo è l’altro grande strumento, dopo la paura e il ricatto, usato per fare commercio con gli ormai frastornati e assopiti sensi dell’umanità mercantile: natiche perfette, seni ammiccanti e inviti espliciti alla fruizione dell’oggetto alla moda, come se fosse sesso. Il piacere nel "possedere" un orologio o nel bere un amaro è equiparato a quello di un rapporto etero o omosessuale. Anzi, quest’ultimo è particolarmente enfatizzato, per quel briciolo di trasgressione che ancora si risveglia in qualche coscienza, e quindi diventa un’abile leva psichica per l’invito al superamento delle  "prevenzioni borghesi".  La lussuria diventa oggetto di culto (fate l’amore con il sapore) e l’approccio all’acquisto è comunque un approccio sessuale, contrabbandato per Eros.

Ma anche lo spirito è oggetto di vendita. Un tempo c’era il calendario di Frate Indovino per comunicare piccoli suggerimenti ritmici ai fedeli "normali" (e c’è ancora e non è neanche dei peggiori). Ma oggi fa ridere in confronto alle altre elargizioni spirituali di massa, più o meno aritmiche. I "raduni" oceanici di fedeli non si distinguono più dai concerti sindacali a San Giovanni. E ci domandiamo come si possa ascoltare il silenzio del cuore in mezzo a quel caos di cappellini danzanti. Del resto i monaci (o para-monaci) Shaolin si esibiscono come in un circo, e forse qualcuno pensa che tali performances abbiano qualcosa a che fare con lo spirito; ma anche i vari baba indiani materializzano oggetti in TV, di fronte a folle oceaniche adoranti, per non parlare dei "guaritori" americani, inseriti o meno nell’ortodossia di qualche chiesa para-cristiana. E anche l’oltranzismo guerrafondaio, dietro operazioni di mercato, vende se stesso come portatore di democrazia da una parte e come depuratore della corruzione occidentale dall’altra. 

Anche tutte queste operazioni para-etiche e para-spirituali, entrano spettacolarmente nel grande mercato. E non perché sulle bancarelle si vendono le immaginette dei santi, ma perché nei centri dell’economia mondiale si vendono intere popolazioni, interi territori attraverso flussi di denaro inimmaginabili, che circolano fra i potentati economici d’Oriente e d’Occidente.
Al disotto di questa laicità imperante resta il piccolo gioco delle "appartenenze" a gruppi di preghiera più o meno lisergici, a liturgie sempre più laiche, a gruppi più o meno autonomi o pseudotribali, a un folklore confusionario che sostituisce il rito, la meditazione, il silenzio, la preghiera.  
Questo pernicioso, virulento e potente urlo mediatico avrà prima o poi una resa dei conti, con quei famosi Angeli che hanno aperto i sigilli di un libro terribile.
Ovviamente l’obbrobrio mercantile (che ha stravolto il senso sia delle arti che dei mestieri) rappresenta semplicemente una goccia nel mare maleodorante che ci sta sommergendo. Ma le ammonizioni apocalittiche non seroano a nulla. Per cui, non avendo né il ruolo né la voglia di fare il Savonarola, non ho nulla da denunciare, nulla da stigmatizzare. Però, per chi vuole occuparsi seriamente di tradizione spirituale e non è chiuso in una caverna, diventa obbligatorio muoversi nel mondo. Ne consegue che semel in anno, quando alcuni eventi apparentemente insignificanti, segnalano il superamento di alcuni specifici livelli di guardia, si può provare a parlare fra le righe, senza vacui obiettivi messianici e senza catastrofismi, (a che serve annunciare un'inondazione quando la casa è già sott'acqua?) ma sperando che qualcuno recepisca realmente la gravità della situazione e adotti piccoli provvedimenti ad personam, in favore di quella Dea che i pitagorici chiamavano anche Higeia.

Claudio Lanzi

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